Chiesa della Madonna dei Poveri
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"1952/54 La chiesa della Madonna dei Poveri si pone all’interno della produzione architettonica di Figini e Pollini come un momento di svolta, un superamento dei rigidi canoni funzionalistici e puristi del razionalismo. Può perciò considerarsi un’opera matura, di forte espressività e legata alla tradizione. L’edificio, all’esterno è pienamente ascrivibile al movimento neorealista al pari dei film ambientati in quegli anni nelle periferie delle grandi città , sia per l’utilizzo dei materiali poveri sia per l’aspetto umile, appena ingentilito dall’inserimento di paramenti murari in cotto. Ma è l’interno il vero interesse dei progettisti: “l’organismo della chiesa si è determinato soprattutto attraverso lo studio dello spazio interno e della sua illuminazione. Tale procedere dall’interno, che sembra oggi la più giusta strada per il progettare un’architettura di qualunque tipo e destinazione, può apparire maggiormente valido come si tratti in questo caso di un edificio sacro”. L’edificio si articola su tre aspetti fondamentali: la costruzione armonica, scaturita dalla combinazione di forme geometriche pure, le quali, composte, determinano e articolano lo spazio (esagono, cerchio e quadrato); la continuità con la tradizione delle basiliche ambrosiane con l’altare rivolto verso i fedeli; l’inserimento all’interno del progetto di tutti quegli elementi presenti nella tradizione ecclesiale: spazio tripartito, pronao, battistero esterno anteposto alla facciata (non realizzato) e cripta sotto il presbiterio. Ma l’elemento caratterizzante è senz’altro la luce: l’edificio nega qualsiasi rapporto visivo con l’esterno, la luce è esclusivamente zenitale e dosata a seconda degli spazi. Le navate laterali sono buie, con l’eccezione di quella a nord volutamente più illuminata; la navata centrale viene segnata dai raggi che entrano dai vuoti ricavati tra i blocchi di pietra e il presbiterio è invaso dalla cascata di luce che attraverso le 49 aperture quadrate illumina l’altare e il grande crocefisso. Giochi di luce si ripropongono attraverso i filtri colorati di lecorbusiana memoria nella cripta. La chiesa si basa su un modulo di 14 x 10 m che si ripete per tre volte. La struttura in cemento armato ha consentito la realizzazione di un grande spazio permeabile che non nega la tripartizione delle navate e genera grandi spazi in alzato scanditi dalle travi di controvento con forature esagonali. Sia all’interno che all’esterno le parti strutturali sono lasciate grezze mentre tutti i tamponamenti in mattoni sono intonacati."
@dannatiarchitettipodcast