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"Questa città un po’ scontrosa, che sembra sorvegliare con occhio torvo la Valle del Rizzanese dall’alto delle sue mura di granito, a prima vista ha effettivamente un aspetto austero. Il centro storico è raccolto intorno alla piazza centrale, sulla quale convergono passaggi a volta e vicoli lastricati stretti e ripidi, su cui si affacciano alte case scure con le imposte apparentemente sempre chiuse. A completare il quadro vi sono le sonorità al tempo stesso melodiose e rauche della lingua corsa, ancora molto viva in questa roccaforte della cultura insulare. Date queste premesse, la città ricorda il set di un film di cappa e spada dove, al fondo di una scalinata di pietra, ci si aspetta di veder comparire da un momento all’altro il fantasma di Colomba, la protagonista del celebre romanzo di Prosper Mérimée. Nonostante questo, Sartène sa essere rilassata e ospitale, tant’è vero che in estate accoglie molti visitatori, incuriositi dall’atmosfera così diversa da quella di Propriano. Snaturata dal grande afflusso di turisti, in questo periodo la città perde però parte del suo fascino, per cui vi consigliamo di visitarla in bassa stagione, per esempio in occasione della cerimonia del Catenacciu (v. lettura p231), la cui processione è seguita con fervore fin dal Medioevo. Roccaforte di grandi famiglie di notabili che non desideravano rendere pubblici i loro affari, Sartène è sempre restia a rivelare il proprio passato. La storia ricorda però che tra il XV e il XVI secolo subì ripetuti assalti da parte dei corsari e che nel 1583 un manipolo di pirati venuti da Algeri rapì 400 sartenesi per venderli come schiavi. Eppure, il pericolo non è venuto sempre dall’esterno, anzi, nel corso dei secoli la città si è distinta per una delle più note usanze corse: la vendetta. Oltre alla faida che coinvolse la famiglia di Colomba Carabelli (si narra che un curato implicato nella vicenda sia rimasto per ben nove anni rintanato nella sua casa nel quartiere di Borgo per paura di rappresaglie), l’accesa rivalità che per tutta la prima metà del XIX secolo oppose una famiglia di Borgo e una di Santa Anna trasformò i vicoli della città nel teatro di una sorta di guerra civile. La calma tornò solo dopo che fu firmato un vero e proprio trattato di pace nell’Église Sainte-Marie. Forse fu proprio il profondo attaccamento ai valori più autentici dell’isola che spinse Mérimée a definire Sartène ‘la più corsa delle città corse’, una citazione di cui la città va tuttora molto fiera, al punto da accogliere i visitatori con queste parole. A lungo isolata e chiusa in se stessa, Sartène si pone dunque come la custode delle tradizioni insulari. Con il suo dedalo di scale e viuzze, alcune talmente strette da consentire il passaggio di una sola persona alla volta, la città vecchia è un vero labirinto di pietra. Uno dei maggiori pregi di questi vicoli – di cui ci si accorge in estate – è quello di offrire un po’ d’ombra fino al tramonto, quando il granito restitui"
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"La plus Corse des villes Corses !"
@vincenttim91