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"La chiesa – oggi nota come Santa Maria Annunciata – sorge nell’area di pertinenza dell’Ospedale San Carlo di Milano, al cui braccio ovest è direttamente collegata da una breve pensilina che termina nei pressi dell’ingresso posteriore. È però accessibile, in autonomia rispetto al complesso ospedaliero, anche dalla via San Giusto. L’edificio, sviluppato ancora una volta a partire da una pianta a losanga, è servito da due diversi ingressi. Posti sui fronti lunghi a nord e sud, essi sono preceduti da scalinate che inquadrano i portali, composti da quattro fornici sormontati da timpani triangolari. Al fronte posteriore sono addossate anche quattro cappelle esagonali coperte a padiglione, servite da un atrio che funge da snodo nel collegamento con l’ospedale. Come nella chiesa di San Francesco, la figura del diamante ritorna sia nelle finestre che scandiscono le facciate, sia nel rivestimento in piastrelle (prodotte dalla ditta Ceramica Joo di Milano), che stavolta però non invade la struttura portante in cemento armato – lasciata a vista tanto all’esterno quanto all’interno della chiesa – e anzi, nei contorni delle aperture, cede il passo a formelle piane. Il tetto a falde è invece interamente rivestito da grandi lastre di rame e viene retto da un sistema di capriate in cemento grezzo che poggia sui ventidue pilastri, insieme ai quali instaura un contrasto cromatico con le pareti interne, intonacate di bianco. All’illuminazione naturale contribuiscono sia la grande vetrata policroma disegnata da Ponti e Zuccheri sopra il portale a nord (realizzata dalla Venini di Murano), sia le numerose feritoie del fronte sud, schermate all’interno da una serie di tavole in quercia – opera di padre Costantino Ruggeri – su cui sono raffigurati i Santi Ospedalieri. Descrivendo l’edificio, Ponti scriverà di come «la cappella “appare” più grande di quello che è; più sottile di quello che è; più leggera, sotto il sole, di quello che è; mutevole di colori e riflessi … l’illusività e la realtà delle opere d’arte» (1966). Le due facciate lunghe si distinguono per il proprio ruolo nella lettura dell’edificio di giorno e di notte, quando anche la chiesa di San Carlo si trasforma in un’architettura auto-illuminata. La zona dell’altare, sopraelevata insieme alla porzione terminale dell’aula, è segnata da un fondale in cemento su cui spicca un gruppo scultoreo di tre croci. Pensata per ospitare fino a seicento sedute per i fedeli, la cappella è dotata anche di un piano interrato in cui sono stati ricavati due auditori e la cripta. "
@dannatiarchitettipodcast